angle-left Ridurre il rischio di fratture: cresce l’impegno del San Camillo nel trattamento dell’osteoporosi

Ridurre il rischio di fratture: cresce l’impegno del San Camillo nel trattamento dell’osteoporosi

2022-04-20
Ridurre il rischio di fratture: cresce l’impegno del San Camillo nel trattamento dell’osteoporosi

La Casa di Cura San Camillo di Cremona ha deciso di intensificare il proprio impegno nell’attività di prevenzione e cura dell’osteoporosi e di dedicarsi a quella che viene definita una malattia silenziosa poiché, nella fase iniziale, non comporta dolore. Proprio per questo motivo, è ancora più importante la prevenzione e la diagnosi precoce. Dei nuovi obiettivi e, in generale, dell’osteoporosi, ne parliamo con il dottor Emanuele Bazzani, specialista in Medicina Interna che collabora con il San Camillo. In questa prima parte dell’intervista, il dottor Bazzani esamina in generale i tratti principali della malattia e gli esami che portano ad una diagnosi certa.


Prima di tutto, cos’è l’osteoporosi?

L’osteoporosi può essere definita come una malattia dell’apparato scheletrico caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea e da un’alterazione della micro architettura del tessuto osseo, che provocano un aumento della fragilità dell’osso e, di conseguenza, un aumento del rischio di fratture, anche a seguito di traumi lievi.

Il tessuto osseo è infatti un tessuto molto attivo dal punto di vista metabolico, soggetto a un costante rinnovamento, nel quale si avvicendano di continuo formazione di “nuovo” osso e distruzione di “vecchio” osso.

Negli adulti in buona salute, i due processi sono in equilibrio e lo scheletro si mantiene stabile. Quando però questo equilibrio si altera, il processo di deposizione di nuovo tessuto osseo non riesce a compensare quello di riassorbimento, per cui l’osso perde la sua compattezza e robustezza, e diventa più fragile, fino a diventare osteoporotico.

Come risultato, l’osso può rompersi facilmente anche dopo una caduta di poco conto o anche con uno starnuto.

Si calcola che fino a una donna su tre e un uomo su cinque dopo i 50 anni andrà incontro a una frattura causata dall’osteoporosi (frattura da fragilità) e si calcola che da qualche parte nel mondo, ogni 3 secondi un osso si spezzi a causa dell’osteoporosi.

Ci sono due tipologie principali di osteoporosi: una detta primaria che riguarda soprattutto donne in post-menopausa e anziani e una detta secondaria che interessa le persone affette da malattie croniche o sottoposte a cure farmacologiche.


Qual è quindi l’impegno della Casa di Cura nel trattamento l’osteoporosi?

La Casa di Cura San Camillo da anni, attraverso competenze specialistiche e grazie alla presenza un valido servizio MOC Dexa, si occupa della cura e della prevenzione dell’Osteoporosi. Ma recentemente si è posta un ulteriore traguardo, ossia quello di occuparsi in modo specifico dell’osteoporosi secondaria (legata ad altre patologie e legate all’uso di farmaci). La volontà è quella di ridurre il rischio di fratture legate ai disturbi dell’equilibrio, alla deambulazione, e ai deficit muscolari avvalendosi di Specialisti esperti: Internisti, Endocrinologi, Ortopedici, Fisiatri, Fisioterapisti, Neurologi, e Dietisti.


Esistono dei sintomi per riconoscere l’osteoporosi?

Nelle prime fasi di sviluppo l’osteoporosi non causa né dolore né alcun altro sintomo, ma in fase più avanzata potrebbe comparire per esempio il mal di schiena, anche intenso, provocato dalla frattura o dal collasso di una vertebra.


Come viene diagnosticata?

Dal momento che l’osteoporosi è una malattia silenziosa e per lo più asintomatica, che spesso si manifesta per la prima volta e improvvisamente con una frattura, in presenza di fattori di rischio (prima di tutto menopausa ed età avanzata), si procede con:

- una radiografia che può segnalarne la presenza. Tuttavia, la radiografia non è mai l’indagine dirimente per diagnosticare l’osteoporosi.

- una MOC Dexa che rappresenta proprio l’esame di riferimento per la diagnosi e permette di misurare esattamente la densità minerale ossea (Bone Mineral Density, BMD), cioè la quantità (espressa in g/m2) di minerali presenti nello scheletro in toto o in alcuni distretti scheletrici particolarmente soggetti alla perdita di massa ossea. La misurazione si esegue di solito a livello della colonna vertebrale (in sede lombare), del femore o del polso. La scelta del segmento da studiare dipende da diversi fattori, tra cui il sesso e l’età del paziente: in genere, si preferisce analizzare la colonna lombare nelle donne fino a 60 anni e negli uomini fino a 65, e il collo del femore nelle persone più anziane e/o in presenza di malattie della colonna lombare.

- una TAC quantitativa ossea (QCT) si può utilizzare per misurare con precisione il rapporto tra porzione corticale e porzione trabecolare di un corpo vertebrale e con la versione detta pQCT si può valutare lo stesso rapporto sulle ossa dell’avambraccio.

In tempi recenti è stata introdotta in clinica anche la valutazione della massa ossea mediante apparecchiature ad ultrasuoni (ultrasonografia quantitativa o QUS), che misurano la velocità di trasmissione dell’onda a livello del calcagno, della patella e delle falangi delle mani. Al momento questa tecnica è ritenuta utile non tanto per misurare in modo preciso la densità ossea, quanto per individuare in prima battuta le persone a rischio di osteoporosi, da sottoporre quindi alla MOC.


Quando eseguire la MOC per la prima volta?

La Moc è consigliata alle donne dopo la menopausa, agli uomini dopo i 60 anni di età e, in generale, a persone che abbiano familiarità per l’osteoporosi. I segni di riduzione della densità ossea sono visibili con una radiografia eseguita per altri motivi, o presentano importanti fattori di rischio quali: ipertiroidismo, intolleranze alimentari e celiachia, malattie infiammatorie intestinali, assunzione di cortisonici, antiormonali, antineoplastici, ecc.