Portale della Fondazione Opera San Camillo - L’importanza della diagnosi precoce nel tumore alla vescica: intervista al dottor Cancarini - Cremona
L’importanza della diagnosi precoce nel tumore alla vescica: intervista al dottor Cancarini
Il reparto di Urologia della Clinica San Camillo, oltre ad affrontare praticamente tutte le patologie, semplici e complesse, dei reni, delle vie urinarie, della prostata e dei testicoli, si occupa anche del tumore alla vescica.
Il dottor Cancarini ci spiega l’impegno della Clinica San Camillo e l’esperienza nel trattare questo tipo di tumori.
Come funziona la diagnosi precoce nel tumore alla vescica?
Da ormai più di quindici anni, alla Clinica San Camillo, ci occupiamo della diagnosi dei tumori dell’apparato urinario, come per esempio il tumore della vescica.
È di fondamentale importanza prestare attenzione ai sintomi accusati dal paziente: frequenza urinaria, urgenza minzionale, macroematuria (ovvero la presenza di sangue nelle urine).
Lo dico perché questi sintomi spesso vengono confusi con i sintomi provocati dalla cistite, che è una patologia di tipo infiammatorio.
Ovviamente, non indagare a fondo questi sintomi, orientandosi verso una diagnosi sbagliata di cistite, può determinare un ritardo nella diagnosi della malattia neoplastica vescicale.
Quindi, oltre all’esame delle urine, all’urinocoltura ed alle citologia urinarie (esame con il quale valutiamo la presenza di cellule neoplastiche nelle urine), è indispensabile programmare in tempi brevissimi un’ecografia dell’apparato urinario che, se eseguita correttamente, consente di evidenziare neoformazioni sessili vescicali o degli ispessimenti di parete che possono far sospettare una neoplasia.
Altre volte l’ecografia può risultare negativa ma possono risultare positive le citologie urinarie.
Pertanto si renderà necessaria una cistoscopia (cioè un esame endoscopico della vescica) che permetterà di evidenziare delle piccole neoplasie, non viste all’ecografia.
Ovviamente, come per il tumore alla prostata, anche per la vescica si parla di diagnosi precoce, che andrebbe eseguita almeno una volta all’anno, anche in assenza di sintomi, tramite l’esecuzione delle citologie urinarie e dell’ecografia dell’apparato urinario, in categorie a rischio come i fumatori ed i lavoratori a contatto con particolari sostanze tossiche (vernici, prodotti per carpenteria) che sono soggetti a rischio elevato di tumori vescicali.
Che importanza riveste l’ecografia nella diagnosi?
L’avvento dell’ecografia ha sicuramente permesso di avere un importante aumento delle diagnosi di tumore ancora in fase iniziale.
L’ecografia è l’esame basilare per tutti i tumori urologici: l’ecografia prostatica transrettale per il tumore della prostata, e l'ecografia addominale o dell’apparato urinario per quanto riguarda i tumori del rene e della vescica.
Poi si utilizzano la TAC o la RNM per verificare se vi siano metastasi a distanza, dopo aver fatto la biopsia con tipizzazione istologica del tumore.
Per quanto riguarda la vescica, la tipizzazione istologica avviene tramite la resezione endoscopica vescicale che si effettua durante la cistoscopia eseguito in anestesia generalmente spinale.
Cosa accade in caso di diagnosi di tumore alla vescica?
Se siamo di fronte a tumori superficiali, ossia non infiltrati in profondità la parete vescicale, che non richiedono una chirurgia invasiva, dopo la resezione endoscopica esiste la possibilità di eseguire delle instillazioni endovescicali, conservando la vescica.
In questo caso viene introdotta una sostanza chemioterapica o immunoterapica che agisce sulle pareti della vescica in modo da ridurre le recidive del tumore vescicale.
Nei tumori infiltranti, invece, dopo aver escluso metastasi a distanza con una TAC, si è costretti ad effettuare una cistectomia, ovvero ad asportare la vescica. Ovviamente, in contemporanea, va eseguita una derivazione urinaria. Questo per convogliare le urine all’esterno, non essendo più presente la vescica.
Presso il San Camillo effettuiamo derivazioni sia continenti che non continenti.
La derivazione continente consiste nell’utilizzare un segmento di intestino per costruire una vescica nuova e collegarla all’uretra e agli ureteri evitando sacchetti esterni di raccolta delle urine.
Si tratta di una derivazione confortevole per il paziente che però viene eseguita solo in caso di soggetto privo di particolari comorbilità invalidanti.
In altri casi bisogna fare una derivazione non continente, che prevede un abboccamento delle vie urinarie alla cute dove poi viene applicata una sacca di raccolta delle urine.
Tengo anche a precisare che negli ultimi anni ho introdotto presso la Clinica San Camillo una diagnostica particolare del tumore vescicale basata sull’introduzione di una sostanza nella vescica (l’esaminolevulinato) tramite un catetere sottile, un’ora prima della cistoscopia.
Durante la cistoscopia, l’utilizzo di una luce particolare crea un riverbero nelle zone tumorali che hanno legato questa sostanza è questo fatto ci permette di vedere dei piccolissimi tumori difficili da individuare ad occhio nudo. Questa è una grossa innovazione utile sia per la diagnostica sia per il controllo dei tumori vescicali. Si chiama cistoscopia in fotodiagnostica.
Ovviamente gli argomenti qui enunciati rientrano nei protocolli diagnostico-terapeutici condivisi con i colleghi dell’ospedale civile di Cremona e delle altre cliniche private convenzionate, che si rifanno su quelli della società italiana di urologia e della società europea di urologia.